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Nel momento in cui si approvava il secondo Concilio di Lione, i Greci dichiararono: “ La Santa Chiesa Romana è insignita del pieno e sommo Primato e Principato sull’intera Chiesa Cattolica e, con tutta sincerità ed umiltà, si riconosce che lo ha ricevuto, con la pienezza del potere, dallo stesso Signore nella persona del beato Pietro, Principe e capo degli Apostoli, di cui il Romano Pontefice è successore, e poiché spetta a lei, prima di ogni altra, il compito di difendere la verità della fede, qualora sorgessero questioni in materia di fede, tocca a lei definirle con una sua sentenza”.
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Stando così le cose, come più volte dichiarammo e denunciammo, Noi, per non violare la fede, non possiamo aderire con giuramento ad alcuna conciliazione forzata che in qualche modo annulli o limiti i Nostri diritti, che sono diritti di Dio e della Sede Apostolica; così ora, per dovere del Nostro ufficio, Noi dichiariamo che mai potremo in alcun modo ammettere o accettare quelle garanzie, ossia guarantigie, escogitate dal Governo Subalpino, qualunque sia il loro dispositivo, né altri patti, qualunque sia il loro contenuto e comunque siano stati ratificati, in quanto essi ci furono proposti con il pretesto di rafforzare la Nostra sacra e libera potestà in luogo e in sostituzione del Principato civile di cui la divina Provvidenza volle dotata e rafforzata la Santa Sede Apostolica, come Ci è confermato sia da titoli legittimi e indiscussi, sia dal possesso di undici secoli ed oltre.
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His ita se habentibus, quemadmodum pluries declaravimus et professi sumus, Nos absque culpa violatae fidei, iuramento obstrictam nulli adhaerere conciliationi posse quae quolibet modo iura Nostra destruat aut imminuat, quae sunt Dei et Apostolicae Sedis iura; sic nunc ex debito officii Nostri declaramus nunquam Nos admissurds aut accepturos esse nec ullo modo posse, excogitatas illas a Gubernio Subalpino cautiones seu guarentigie quaecumque sit earum ratio, neque alia quaecumque sint eius generis et quocumque modo sancita, quae specie muniendae Nostrae sacrae potestatis et libertatis Nobis oblata fuerint in locum et subrogationem civilis eius Principatus, quo divina Providentia Sanctam Sedem Apostolicam munitam et auctam voluit, quemque Nobis confirmant tum legitimi inconcussique tituli, tum undecim et amplius saeculorum possessio.
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Considerando tutto ciò che il Governo Subalpino fa già da parecchi anni, con continue macchinazioni, per abbattere il Principato civile concesso per singolare provvidenza di Dio a questa Apostolica Sede, affinché i successori del beato Pietro avessero la piena libertà e la sicurezza necessarie nell’esercizio della loro giurisdizione spirituale, Ci è impossibile, Venerabili Fratelli, non sentirci il cuore commosso da profondo dolore per così grande cospirazione contro la Chiesa di Dio e contro questa Santa Sede, in questo luttuoso momento, nel quale lo stesso Governo, seguendo i consigli delle sette di perdizione, compì contro ogni legge, con la violenza e con le armi, quella sacrilega invasione, che già da gran tempo meditava, dell’alma Nostra città e delle altre città di cui ancora Ci rimaneva il dominio dopo la precedente usurpazione.
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Infatti, è cosa mirabile ed appena credibile che, fra tanta corruttela di costumi, il Gonzaga per il candore dell’anima gareggiasse con gli spiriti celesti; fra tanta ricerca dei piaceri, il giovane si segnalasse per una singolare astinenza e per austerità ed asprezza di vita; fra tanta cupidigia di onori, Luigi li disprezzasse talmente e li sdegnasse, da abdicare molto volentieri al principato che gli spettava per diritto ereditario, e chiedesse di essere accolto in quella famiglia religiosa nella quale, per voto speciale è precluso l’adito anche alle dignità sacre; infine, fra tanto smoderato culto dell’antica civiltà greca e romana, Luigi fu così assiduo nello studio e nella pratica delle cose celesti, che per un particolare dono di Dio e per un singolarissimo impegno proprio viveva con l’anima tutta intesa a Dio, sì che nel contemplare non pativa distrazioni.
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Illud enim mirabile ac vix credibile dixeris, in tanta morum corruptela, Gonzagam animi candore cum caelestibus spiritibus certasse; in tanta voluptatum consectatione, adulescentem singulari abstinentia et vitae austeritate atque asperitate floruisse; in tali honorum cupiditate, adeo Aloysium illos contempsisse ac fastidivisse, ut et principatu, qui sibi hereditario iure obventurus erat, se perlibenter abdicarit et in eam religiosam familiam cooptari maluerit, in qua, iurisiurandi rehgione interposita, ad sacras dignitates intercluderetur aditus; in eo. denique immodico veteris romanorum graecorumque sapientiae cultu, tam assiduum Aloysii fuisse caelestium rerum studium atque usum, ut, praecipuo Dei munere, mirifica ipsius industria coniuncta, adeo tota mente cum Deo cohaereret, nullis ut alienis cogitationibus a rerum divinarum contemplatione avocaretur.
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