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Oportet insuper omnibus apte inculcentur tradita a Christo morum documenta, ut discant sui imperium exercere, motus animi appetentes regere, tumentem superbiam deprimere, parere auctoritati, iustitiam colere, omnes caritate complecti, disparis in civili convictu fortunae acerbitatem christiana dilectione temperare, a terrenis bonis avocare mentem, quam Providentia dederit sortem ea esse contentos, suisque tuendis officiis benigniorem efficere, ad futuram vitam contendere spe sempiternae mercedis.
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Più ancora è necessario inculcare convenientemente nella mente di tutti le massime morali insegnate da Gesù Cristo; perché ognuno impari a vincere se stesso, a frenare le passioni dell'animo, a fiaccare l'orgoglio, a vivere soggetto all'autorità, ad amare la giustizia, ad esercitare la carità verso tutti, ad attenuare con amore cristiano le dure disuguaglianze sociali, a staccare il cuore dai beni della terra, a vivere contento dello stato in cui la Provvidenza ha posto ciascuno, cercando in esso di migliorare con l'adempimento dei propri doveri, ad anelare alla vita futura nella speranza del premio eterno.
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Si vero consideratio altius ad ipsam divinarum veritatum regionem attollatur, item dicendum est de argumentis, quae respiciunt notionem Dei, qua Entis subsistentis, cuius vitam arcanam ad intra revelatio cognoscere sinit; derivationem divinorum attributorum; defensionem transcendentiae divinae adversus quamlibet pantheismi formam; doctrinam de creatione et de divina providentia, qua S. Thomas non solum imagines atque sublustres umbras locutionum anthropomorphicarum superavit, sed etiam, pro sua ingenii aequilibritate suoque fidei spiritu, opus perfecit, quod hodie forsitan nuncupemus « demythizationem», sed quod verius describere possimus uti rationalem ac fide directam, suffultam et impulsam perscrutationem veritatum, quae ad christianam revelationem essentialiter attinent.
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E, per salire, poi, alla sfera della verità divina, la concezione di Dio come Essere sussistente di cui la rivelazione fa conoscere la misteriosa vita ad intra, la deduzione degli attributi divini, la difesa della trascendenza divina contro ogni forma di panteismo, la dottrina della creazione e della provvidenza con cui San Tommaso, superando le immagini e le penombre del linguaggio antropomorfico, compie, con l’equilibrio e lo spirito di fede che gli sono propri, un’opera che oggi si vorrebbe forse dire di « demitizzazione», ma che basterà definire come una penetrazione razionale, guidata, sorretta e spinta dalla fede, del contenuto essenziale della rivelazione cristiana.
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His ita se habentibus, quemadmodum pluries declaravimus et professi sumus, Nos absque culpa violatae fidei, iuramento obstrictam nulli adhaerere conciliationi posse quae quolibet modo iura Nostra destruat aut imminuat, quae sunt Dei et Apostolicae Sedis iura; sic nunc ex debito officii Nostri declaramus nunquam Nos admissurds aut accepturos esse nec ullo modo posse, excogitatas illas a Gubernio Subalpino cautiones seu guarentigie quaecumque sit earum ratio, neque alia quaecumque sint eius generis et quocumque modo sancita, quae specie muniendae Nostrae sacrae potestatis et libertatis Nobis oblata fuerint in locum et subrogationem civilis eius Principatus, quo divina Providentia Sanctam Sedem Apostolicam munitam et auctam voluit, quemque Nobis confirmant tum legitimi inconcussique tituli, tum undecim et amplius saeculorum possessio.
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Stando così le cose, come più volte dichiarammo e denunciammo, Noi, per non violare la fede, non possiamo aderire con giuramento ad alcuna conciliazione forzata che in qualche modo annulli o limiti i Nostri diritti, che sono diritti di Dio e della Sede Apostolica; così ora, per dovere del Nostro ufficio, Noi dichiariamo che mai potremo in alcun modo ammettere o accettare quelle garanzie, ossia guarantigie, escogitate dal Governo Subalpino, qualunque sia il loro dispositivo, né altri patti, qualunque sia il loro contenuto e comunque siano stati ratificati, in quanto essi ci furono proposti con il pretesto di rafforzare la Nostra sacra e libera potestà in luogo e in sostituzione del Principato civile di cui la divina Provvidenza volle dotata e rafforzata la Santa Sede Apostolica, come Ci è confermato sia da titoli legittimi e indiscussi, sia dal possesso di undici secoli ed oltre.
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Considerando tutto ciò che il Governo Subalpino fa già da parecchi anni, con continue macchinazioni, per abbattere il Principato civile concesso per singolare provvidenza di Dio a questa Apostolica Sede, affinché i successori del beato Pietro avessero la piena libertà e la sicurezza necessarie nell’esercizio della loro giurisdizione spirituale, Ci è impossibile, Venerabili Fratelli, non sentirci il cuore commosso da profondo dolore per così grande cospirazione contro la Chiesa di Dio e contro questa Santa Sede, in questo luttuoso momento, nel quale lo stesso Governo, seguendo i consigli delle sette di perdizione, compì contro ogni legge, con la violenza e con le armi, quella sacrilega invasione, che già da gran tempo meditava, dell’alma Nostra città e delle altre città di cui ancora Ci rimaneva il dominio dopo la precedente usurpazione.
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Quin etiam censemus, interiore hac animi libertate, quam parit evangelicae paupertatis studium, acriores nos reddi aptioresque ad intellegendos humanos eventus, qui cum re oeconomica conectantur; nempe ubi aequum ac saepe severum iudicium a nobis est ferendum de divitiis ac de vitae commodis, ubi quam promptissime ac largissime est egentibus subveniendum; ubi denique enitendum, ut opes non contentionum, cupiditatis vel superbiae inter homines causa exsistant, verum ut, duce iustitia et aequitate, communi utilitati inserviant, atque adeo diligentiore providentia distribuantur.
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Pensiamo anzi che l'interiore liberazione, prodotta dallo spirito della povertà evangelica, ci renda più sensibili e più idonei a comprendere i fenomeni umani collegati con i fattori economici, sia nel dare alla ricchezza e al progresso di cui può essere generatrice il giusto e spesso severo apprezzamento che le si addice, sia nel dare alla indigenza l'interessamento più sollecito e generoso, sia infine nel desiderare che i beni economici non siano fonte di lotte, di egoismi, di orgoglio fra gli uomini, ma siano rivolti, per vie di giustizia e di equità, al bene comune, e perciò sempre più provvidamente distribuiti.
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